Il 2016 si è aperto all’insegna di minacce informatiche ai danni di aziende e istituzioni pubbliche. Ma anche i privati non se la passano bene, specie considerando la diffusione di virus insidiosi e la crescita costante di fenomeni quali il phishing. Insomma è un vero e proprio allarme rosso. Tuttavia, in questo panorama c’è una professione che sta emergendo prepotentemente, quella dell’investigatore digitale.
L’investigatore digitale è colui che esegue indagini digitali e perizie informatiche per avvocati, tribunali, pubblici ministeri, aziende ma anche privati. Il suo compito è quello di analizzare siti web, email, software e cellulari per recuperare dati, anche occultati, ricostruendo l’attività di chi ne ha fatto uso. Si tratta di un lavoro interessante, stimolante e sempre nuovo, il cui unico inconveniente è quello di non aver orari e di essere spesso costretti a lavorare pure nel weekend.
Per diventare un investigatore digitale non esiste una sola strada, ma si possono seguire percorsi diversi, come master e certificazioni. Chiaramente una laurea, anche in discipline tecniche, è consigliata. Ci sono poi corsi a pagamento, come quello di perfezionamento in Informatica giuridica a Milano, che possono risultare molto utili per “farsi le ossa”. Sicuramente l’osservatorio nazionale informatica forense Onif è un buon punto di riferimento, ma anche l’associazione internazionale lisfa offre una sua certificazione.
Ma quando opera questo professionista e quali sono i suoi guadagni?
L’investigatore digitale viene chiamato in casi di frodi, furti, intercettazioni, terrorismo, ma anche truffe ai privati e attacchi alle aziende. I guadagni sono dignitosi. Se tribunali e procure hanno un tariffario poco aggiornato e i pagamenti arrivano con forte ritardo, il settore privato è invece più remunerativo, con un basso livello di competizione, dato che in Italia non ci sono più di un centinaio di società e sono ben poche quelle in attivo.
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