Come avviare un’attività in Thailandia

DESCRIZIONE

È la seconda economia del sud-est asiatico (dopo la Malesia) ed è universalmente considerata un paradiso terrestre. Qui potete nuotare accanto agli squali balena, oppure fare surf, scalare le scogliere marine o semplicemente rilassarvi in uno dei tanti resort dedicati al relax. È la Thailandia, la meta scelta ogni anno da più di 250mila turisti italiani.
Le cifre che riguardano il paese sono molto positive. Con una crescita dell’economia che nel 2016 ha toccato il 3,5%, malgrado le recenti calamità naturali e l’instabilità politica (impossibile dimenticarsi del colpo di stato del 2014), il paese si è finalmente lasciato alle spalle gli anni della crisi. Punta di diamante del sistema locale: le esportazioni, che rappresentano infatti 2/3 del Pil. La ragione? L’Iva al 7% e la tassazione sul reddito d’impresa al 20%.
Prima di fare le valigie è però bene sapere che il sistema economico thailandese è soggetto a un’endemica corruzione e che in molti casi è improntato al protezionismo. Non stupisce quindi se alcune attività sono vietate agli stranieri con pene detentive per i trasgressori: tra i settori proibiti sono inclusi l’allevamento di animali, le occupazioni manuali (scultura del legno, carpenteria, lavori in muratura) e diversi tipi di impiego (commesso, autista, parrucchiere). L’elenco completo è consultabile al link https://goo.gl/z5zxMC. A questo si aggiunge la norma che permette di intraprendere in diversi settori (pubblicità, pesca, arte e antiquariato, agenzie di intermediazione, agenzie di viaggio…) solo e soltanto a chi può vantare nazionalità thailandese. Ne consegue che agli immigrati non rimane altro da fare che mettersi in società con una persona del posto, al quale affidare il 51% della propria azienda: un sistema che più di una volta ha dato vita a raggiri e operazioni a svantaggio degli stranieri. Non va d’altro canto meglio ai professionisti, dato che ingegneri e architetti possono esercitare solo in società con i locali. Esistono inoltre divieti per quanto riguarda l’esportazione di capitali per cifre superiori a 20mila euro circa, e restrizioni riguardanti la proprietà immobiliare, da intestare almeno al 51% a chi è nato all’interno dei confini nazionali.
Sbagliato però pensare che il paese non offra chance a chi viene da fuori. In Thailandia esiste un importante distretto legato all’automotive, e molte grandi aziende assemblano qui i loro veicoli. Sempre molto apprezzati sono anche i prodotti agroalimentari italiani (pur se penalizzati da una tassazione piuttosto esosa), così come l’arredamento, il design e la moda nostrana. È buona cosa tuttavia studiare la fetta di mercato con disponibilità in linea all’acquisto.
Per chi desidera trasferirsi qui, è bene sapere che la legge thailandese prevede numerosi tipi di Visti, che regolano permanenza, numero di ingressi e uscite consentite. Il Visto “Immigranti B solo affari” richiede una documentazione su una già avvenuta registrazione dell’attività in loco e sul profilo aziendale, in aggiunta alla pregressa creazione di rapporti d’affari con operatori locali, un business plan e la dichiarazione dei redditi degli ultimi anni. Per informazioni aggiuntive, consigliamo un’occhiata al sito della Reale Ambasciata di Thailandia.

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2023-10-10T13:39:16+02:0018 Dicembre 16|Estero|